Senofane, degli dei e del Fare anima

Questo articolo  parte da una lettura di molti anni fa e che mi è rimasta sempre impressa, ogni tanto mi tornava alla mente. Adesso voglio provare scriverci sopra per schiarirmi le idee assieme  a voi.

 I mortali si immaginano che gli dei sian nati

e che abbian vesti, voce e figura come loro.

Ma se i bovi e i cavalli e i leoni avessero le mani,

o potessero disegnare con le mani, e far opere come quelle degli uomini,

simili ai cavalli il cavallo raffigurerebbe gli dei,

e simili ai bovi il bove, e farebbero loro dei corpi

come quelli che ha ciascuno di loro.

Gli Etiopi dicono che i loro dèi hanno il naso camuso e son neri,

i Traci che hanno gli occhi azzurri e i capelli rossi.

Questo frammento, attribuito a Senofane 570 a.C. – 475 a.C. ha sempre colpito la mia fantasia. Il filosofo greco (vissuto in Sicilia, a dire il vero) scriveva queste parole per mostrare agli uomini quanto fosse sbagliata l’antropomorfizzazione degli dei. Non aveva senso, per lui attribuire qualità umane alle divinità, che, semmai, andavano viste in altro modo. Dicevo prima che la mia fantasia è stata colpita da queste parole fin dall’inizio ma non sapevo spiegarmi il perché. Poi ho capito che Senofane poneva l’accento su un problema che riguarda tutti noi, anche se lo faceva in un modo che trovo sbagliato. Derideva l’ingenuità umana ma non capiva che questo è il modo con cui ci rappresentiamo la realtà. Abbiamo bisogno di antropomorfizzazione gli dei per poterceli rappresentare, perchè questo è il nostro unico modo di rapportarci con la realtà, di renderla visibile ai nostri occhi. Possiamo vederla solo in un modo che sia per noi comprensibile, di cui possiamo parlare utilizzando i nostri modi di ragionare. Molti secoli dopo Galileo Galilei, per difendere le sue teorie da chi sosteneva che erano false perché in un passo della Bibbia si diceva che Giosuè avesse chiesto a Dio di fermare il sole e che questo si era davvero fermato dichiarava che Dio aveva parlato agli ebrei come si parla ad un popolo di semplici pastori perché la cosa che gli importava era quella di venire capito. Si potrebbe pensare che la costruzione di modelli razionali di rappresentazione del mondo sia un passo avanti ne processo di conoscenza ma non è detto. Questi modelli ci permettono di misurare l’universo, di calcolarlo, di utilizzare le risorse che il mondo esterno ci offre. non ci consente però di trovare gli dei, quando li cerchiamo. Negli anni sessanta circolava una stupida battuta, quella che diceva che un astronauta russo, tornato a terra, dichiarava che aveva giratoo il cielo ma non aveva visto Dio. Oggi  non ridiamo nemmeno più di fronte a queste parole, eppure la convinzione che la scienza e la ragione umana (chiamiamola tecnologia, computer, genetica, medicina, neuroscienza o quanto ancora ) risolveranno tutti i misteri dell’universo, prima o poi è molto diffusa. Questo forse avviene perché gli unici problemi che consideriamo tali sono relativi alla nostra sicurezza economica, al benessere fisico, alla tranquillità emotiva e vengono guardati con fastidio i malesseri interiori, segni che qualcosa dentro di noi rifiuta l’omologazione,. “Prendi qualcosa” “Vai dallo psicologo” sono inviti che vengono rivolti, spesso, a chi non accetta come giuste le soluzioni che vanno bene a molti, a tutti. Intendiamoci, non voglio assolutamente dire che chi soffre non debba provare, con l’aiuto di farmaci e di specialisti, a lenire il proprio dolore, anche quello dell’anima quando diventa insopportabile. Intendo dire che per molti di noi le voci interiori che esprimono i loro bisogni vengono considerate solo fastidi da tacitare, senza nemmeno provare a dare loro ascolto. Io credo invece che tutti debbano e possano dare spazio a quelle parti di noi che urgono, che ci dicono che qualcosa di nuovo sta accadendo, che tutto cambia, che dobbiamo ascoltare, a volte celebrare, a volte riconoscere, quello che succede dentro di noi.

Senofane diceva:

Gli Etiopi dicono che i loro dèi hanno il naso camuso e son neri,

i Traci che hanno gli occhi azzurri e i capelli rossi.

Cito queste parole non tanto per un invito alla tolleranza religiosa, che do per scontato, quanto per ricordare che quando la nostra anima ci parla (uso il termine Anima secondo la terminologia di J Hillmann, in un senso cioè non necessariamente religioso ma psicologico) si esprime per mezzo di narrazioni, stimoli, simboli, capaci d’attirare la nostra attenzione. Non sempre occorre interpretarli, di sicuro è necessario ascoltarli e provare a dialogare con loro