Lo spazio di semirealtà

Disidentificazione, nel focusing, spazio di semirealtà, nello psicodramma. Un accostamento.

Questo articolo è stato pubblicato sul sito https://www.focusingitalia.it/ Lo propongo anche qui perchè mi sembra prenda in esame alcuni elementi utili per coltivare l’immaginazione, uno degli stimoli di questo sito.

Le riflessioni che vi propongo nascono dopo la lettura di alcuni interessanti pagine sul Focusing scritte da Roberto Tecchio. Roberto nel suo scritto prende in esame la disidentificazione nel Focusing e ne sottolinea l’importanza. Io intendo continuare il suo discorso prendendo spunto, tra l’altro, anche dalla mia esperienza di psicodrammatista; utilizzerò per questo pure alcune considerazioni di Gendlin presenti nel suo libro: Il Focusing in psicoterapiai.

In cosa consiste il processo di disidentificazione? Una prima risposta credo di poterla dare affermando che è quel movimento che mi porta a fare distinzione tra il mio Ioii e parti di me che non possono e non devono, da sole, definire la mia identità. Non possono farlo perché la mia persona è molto più ricca delle singole parti, non devono perché quando questo accade mi ritrovo impoverito. Talvolta capita che venga travolto dal dolore, dalla rabbia oppure viva completamente un ruolo (quello di insegnante, di medico, di controllore) che dovrei rivestire solo in particolari momenti e che mi fa vedere le cose in maniera limitata, secondo un unico punto di vista. Quando questo succede mi lascio dominare da un particolare aspetto di me che tutto d’un colpo sovrasta sugli altri, li cancella e mi rende “ad una dimensione”; il processo di disidentificazione, che pratico nel Focusing, fa sì che questo non accada.

disidentificazione

Per vedere meglio l’argomento partirò dagli insegnamenti di Gendlin come li troviamo nel suo libro più conosciuto in Italia: Focusingiii. In quel testo Gendlin, tra l’altro, presenta i passaggi necessari per fare Focusing (i sei movimenti) e li illustra anche per fornire una guida pratica al processo. Già nel Primo movimentoiv della pratica di Focusing cerchiamo di creare distanza tra noi e i problemi che ci assillano e che vogliamo prendere in considerazione. Creare uno spazio sembra proprio un creare distanza in modo tale da poter scegliere in modo oculato il problema su cui lavorare in maniera serena mantenendo la giusta distanza. Quando stabiliamo il rapporto con il Felt sense possiamo lavorare lavoriamo in modo simile, anche se in maniera un poco diversa.

semirealtà

Quando avvertiamo in noi il Felt sense lo salutiamo dicendogli salvev. Dire salve a qualcosa significa riconoscerne l’esistenza e sentirlo altro da noi, dotato di una sua identità. E’ pure vero che posso dire Salve anche alla mia mano e agitarla per fingere che sia sia qualcosa di diverso da me e che al posto di dire mi fa male lo stomaco o mi fa male il cuore posso dire il mio cuore ballerino fa lo scemo, lo stomaco urla, senza pensare che queste parti del mio corpo abbiano davvero una loro identità autonoma. Nel processo di Focusing c’è però qualcosa che va oltre la semplice nominalizzazione di parti del mio corpo. Io riconosco che esiste in me qualcosa che in una certa misura non dipende da me e inizio con questa parte un dialogo, la lascio parlare e ne ascolto le risposte. Il Focusing è una pratica in cui si sviluppa un dialogo tra il mio Io e qualcosa di interno a me ma che in quel momento è diverso da me. Questo dialogo non è frutto della mia fantasia: il Felt shiftvi è l’elemento che testimonia che l’esperienza del Felt sense non è frutto della mia immaginazione perché ha una risonanza nel mio corpo, che diventa anche il luogo nel quale io verifico la veridicità di quello che sto vivendo.

senti il felt sense

Il Felt sense nasce quando si è stabilita una relazione d’ascolto tra me e il corpo, si manifesta perché sono disposto ad ascoltare la sensazione fisica, con pazienza, seguendo i suoi tempi, si completa quando unisco la sensazione fisica al simbolo e ne ascolto la risonanza. Se non sono disponibile all’ascolto il Felt sense non compare. Il processo di disidentificazione consente il dialogo, rispettoso e senza critica, tra il mio Io e parti di me che hanno voglia di esprimersi e determina il modo nel quale tale dialogo avviene.

spazio di semirealtà

Le considerazioni che ho appena esposto, e in particolare quella che il Felt sense nasce all’interno di una relazione, mi portano a considerare il Focusing come un’esperienza che avviene in uno spazio comunicativo particolare nel quale la realtà sembra possedere regole particolari. Per questa ragione, per cercare di capirlo meglio, prendo in esame lo spazio di semirealtà descritto da Jacob Levi Morenovii. Jacob Levi Moreno (1889 1974), è uno psichiatra che lavora a Vienna nei primi decenni del ‘900. Nel corso delle sue esperienze, nelle quali ama mescolare la pratica medica al teatro, si rende conto che le storie messe in scena possiedono un plusvalore rispetto a quelle semplicemente raccontate da chi le ha vissute. La rappresentazione con i metodi da lui proposti consente al protagonista di mettere in scena il suo vissuto secondo il proprio punto di vista ma pure di vederlo dall’esterno. Sul palcoscenico si dipana una storia con uno spazio, un tempo, dei personaggi che acquistano personalità via via che l’azione si sviluppa e propongono modi diversi di considerare la vicenda. Nell’esperienza psicodrammatica l’azione sulla scena stimola la creatività, che secondo Moreno consiste nella capacità di fornire soluzioni adeguate a situazioni nuove o risposte nuove a situazioni già affrontateviii. Lo spazio teatrale è lo spazio di semirealtàix con proprie regole nel quale è possibile dialogare con i personaggi della storia, ascoltare il loro punto di vista e in questo modo cercare nuovi modi di guardare il problema. Nello psicodramma l’esperienza della disidentificazione è di grande importanza. Chi mette in scena la storia sceglie un alter-ego che lo sostituirà come protagonista nell’azione scenica. Questo gli consentirà di osservare da fuori quello che accade ma anche di entrare nei panni, in determinati momenti, degli altri personaggi facendoli parlare ed agire come pure di essere colui che guarda da fuori la vicenda, un osservatore esternox. Nel corso dell’azione psicodrammatica, dunque, il protagonista attua un processo di disidentificazione per osservare dall’esterno l’azione scenica nel suo svolgimento quando assume il ruolo di Io osservatore; per poter dar voce ai personaggi presenti sulla scena che non sono il protagonista (controruoli) il protagonista entra nella loro parte sapendo però che quella è una delle tante, importante ma diversa dall’Io protagonista.

disidentificarsi

Nel Focusing Il processo di disidentificazione come abbiamo già visto è importantissimo e compare fin dall’inizio dell’esperienza, almeno dal momento in cui diciamo Salve al Felt sense. In questa fase dichiariamo che esiste qualcosa di diverso da noi che ci prepariamo ad incontrare e con il quale siamo disposti ad instaurare un dialogo senza critica. In questa fase salutiamo e riconosciamo il Felt sense e ci dichiariamo disponibili all’ascolto, questo permette lo stabilirsi di un rapporto tra me e quello che appare come qualcosa o qualcuno diverso da mexi. Man mano che si procede, il praticante impiega il processo di disidentificazione in modo ancor più netto quando dà voce al Felt sense e lo rappresenta come un personaggio che sta parlando ; la stessa persona poi assume il ruolo dell’Io che ascolta le parole del Felt sense. Tale processo necessita però del distacco che viene consentito dal processo di disidentificazione, che consente di entrare ed uscire dal ruolo del Felt sense e da quello dell’Io dialogante: lo spazio di semirealtà nel quale procede l’esperienza permette a chi pratica di lasciar parlare il Felt sense e successivamente gli consente di assumere i panni dell’Io che agisce.

Parte di me

Il processo di disidentificazione consente anche di far esprimere il Felt sense in modo vivo e partecipato e questo è un punto a mio parere di grande importanza. Quando lo lascio parlare, sento che qualcosa in me vuole esprimersi e gli presto la mia voce. Sono consapevole che sto dando voce a un personaggio che è diverso da me. Nel momento in cui lo faccio parlare, però, assumo il suo ruolo (utilizzo qui una terminologia tipica dello psicodramma) anche dal punto di vista emozionale. Questa identificazione dura lo spazio nel quale io assumo la sua parte, a volte pochi secondi, è importante però che in quel momento io sia pienamente entrato nella parte e non stia fingendo. Questa considerazione, che non mi sembra scontata, deriva dalla mia esperienza personale ed è stata rafforzata da alcune considerazioni presenti nel libro di Gendlin: Il Focusing in Psicoterapiaxii. Nel capitolo 13 Gendlin prende in esame il gioco di ruolo per affermare che l’inversione di ruoloxiii è il suo contributo essenziale e insostituibile alla ricerca psicologica. Il gioco di ruolo dovrebbe essere spontaneo ma bisogna intendersi sul senso da dare alla parola. ……. Il Focusing può dare un reale contributo a questa esperienza: Il focusing, con la sua attenzione al flusso dell’energia somatica, introduce una differenza immediatamente osservabile. La parte repressa dovrebbe affiorare dall’interno, ossia esprimersi nel corpo. …… Se il gioco di ruolo viene associato al focusing, il cliente farà attenzione a ciò che prova fisicamente e aspetterà finchè l’impulso a dire o fare qualcosa emerge dall’interno. L’impulso di dire o fare qualcosa emerge in noi con tutta la sua carica emotiva. La disidentificazione ci permette da una parte di sentire l’impulso interiore con le emozioni che lo accompagnano, dall’altra di non farci travolgere perché abbiamo stabilito una certa distanza: diciamo c’è una parte di me che prova questo….. e così da un lato riconosciamo e diamo voce al felt sense, dall’altra non ci lasciamo travolgere dal suo sentire. Questa distanza permette anche all’io osservatore di essere compassionevole: non è travolto dalle emozioni e le può considerare con uno spirito distaccato che però non deve necessariamente rimanere indifferente.

Il mondo interno

In conclusione credo di poter dichiarare che Il Focusing nel suo processo mette in atto uno spazio di semirealtà nel quale spazio e tempo sono organizzati in modo diverso da quello usuale e nel quale l’analogia, l’immagine, la metafora sono modalità che rendono possibile il processo comunicativo. In questo spazio le varie parti si esprimono pienamente quando viene messo in atto il processo di disidentificazione che consente di far distinzione tra la persona che parla ed i ruoli (le parti) cui essa dà voce. La similitudine tra questo spazio e quello dell’esperienza psicodrammatica è certamente significativa. Esistono però alcune differenze. La prima è che nello psicodramma la scena viene costruita dal Protagonista (la persona che mette in scena la propria storia) che sceglie, aiutata dal direttore di Psicodramma, anche il modo in cui rivolgersi ai personaggi rappresentati (intervistandoli, lasciandoli parlare od agire ed altro ancora) decidendo lui con chi dialogare e l’ordine in cui potranno esprimersi in modo più approfondito. Nel Focusing il modo in cui si esprimono i personaggi è lasciato molto di più a questi ultimi che scelgono da soli il tempo e la modalità del loro esprimersi e che non devono essere forzati e che per questo sembrano possedere una propria autonomia rispetto alla persona che li esprimexiv. Certamente l’insistenza di Gendlin sul rispetto dei tempi e dei modi di espressione del Felt sense è l’elemento che caratterizza il Focusing perché pone in evidenza come il dialogo non debba venire guidato, le risposte debbano scaturire spontaneamente nel corso del processo secondo modalità e tempi che non vengono scelti dall’Io cosciente. Il rispetto dei tempi e delle modalità della comunicazione è un punto essenziale del Focusing perché diventa uno dei punti principali della metodologia di ascolto non guidato che è propria del Focusing.


i Eugene T. Gendlin – Il Focusing in Psicoterapia – ed Astrolabio 2010 – in particolare cap 13 Il gioco di ruolo

ii Intendo come Io quella parte di me che dichiara: “Valerio esiste” e che custodisce una memoria, di cui sono consapevole, del mio passato

iiiEugene T. Gendlin – Focusing – ed. Astrolabio 2001

iv Eugene T. Gendlin – Focusing – ed. Astrolabio 2001 – p.63 parlando dei problemi “….Ammucchiateli di fronte a voi e fate un passo indietro, come per volerli osservare da lontano. Per quanto possibile restate serenamente distaccati”. P. 84 TROVARE LA GIUSTA DISTANZA DAI PROPRI PROBLEMI

v Ann Weiser Cornell – Focusing – ed. Crisalide 2006 p. 52, p.59

vi Per i felt shift vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Focusing (il Felt shift viene qui chiamato Body shift). Germana Ponte, nella sua precisa scheda di presentazione del Focusing https://www.olisticmap.it/discipline/focusing Spiega il Felt Shift in modo chiaro.

vii Jacob Levi Moreno –Manuale di Psicodramma (vol 1) – ed Astrolabio 1985 – p.29 “Lo spazio del palcoscenico è un’estensione della vita al di là degli esami di realtà della vita stessa. La realtà e la fantasia non sono in conflitto ma sono entrambe funzioni all’interno di una più ampia sfera: il mondo psicodrammatico di oggetti, di persone e Avvenimenti. Nella sua logica il fantasma del padre di Amleto è altrettanto vero e autorizzato ad esistere che Amleto stesso.” Questo, e altri brani, descrivono quello che viene poi comunemente chiamato spazio di semirealtà. Come scrive acutamente Moreno, “Nella sua logica il fantasma del padre di Amleto è altrettanto vero e autorizzato ad esistere che Amleto stesso”. Credo che questa affermazione sia di grande importanza per capire lo spazio di semirealtà.

viii Giovanni Boria- Psicoterapia psicodrammatica – ed. Franco Angeli 2005 p.59

ix “La metodologia psicodrammatica prevede che venga dato corpo sul palcoscenico ad una realtà che nasce nella nostra interiorità e che chiamiamo semirealtà: essa è solo in parte realtà dato che è fittizia nella sua costruzione oggettiva (la scena giocata), ma è vera nelle emozioni che suscita. La semirealtà viene costruita come un gioco, secondo delle regole concordate. Essa va commisurata alla capacità di risposta delle persone coinvolte, in modo da consentire un comportamento che risulti spontaneo, cioè inventato lì per lì ma anche adeguato.” http://www.psicodramma.it/dizionario-di-psicodramma/

x“ …Il termine Io osservatore designa quella parte dell’Io che governa le funzioni percettive e di discriminazione, rendendo la persona testimone di se stessa nel mondo; questa parte, che appartiene alla sfera conscia, sarebbe libera da ambivalenze, distorsioni, indecisioni.” Giovanni Boria- Psicoterapia psicodrammatica – ed. Franco Angeli 2005 p 51

xi L’elemento metaforico nel focusing è presente, come ricorda Roberto Tecchio in Tre aree tematiche di ricerca sulla pratica e sull’insegnamento del focusing p. 7 proprio perché l’utilizzo della metafora crea una realtà (o come si dice nello psicodramma, si viene a creare uno spazio di semirealtà )con proprie regole spazio temporali e propri valori di vero e falso. L’elemento metaforico nel focusing assume importanza ancora maggiore che nello psicodramma perché la metafora, molto spesso, non ha bisogno di spiegazioni e possiede la potenza emotiva del linguaggio fatto con immagini.

xii Eugene T. Gendlin – Il Focusing in Psicoterapia – ed Astrolabio 2010 – cap 13 Il gioco di ruolo in particolare vedi p. 218 219

xiii “Grazie all’inversione di ruolo il protagonista gioca la parte di un altro, obbligandosi in tal modo a mantenere il suo ‘io-osservatore’ costantemente decentrato rispetto al suo ‘io attore’ e facendo sì che quest’ultimo non agisca in un modo qualunque, ma in conformità alla parte assegnatagli. Egli, quando sia immerso nell’azione, non potrà evitare azioni nuove e spontanee di cui il suo osservatore dovrà prendere coscienza e fare tesoro. La ricchezza di questa funzione scaturisce proprio dalla sua idoneità a far cogliere all’osservatore nuove verità, aggirando e superando in modo naturale blocchi emotivi e pregiudizi cognitivi anche cristallizzati. “ http://www.psicodramma.it/dizionario-di-psicodramma/#6

xiv Vedi la nota 10